Roma. Alle 22.17 di ieri sera, 23 aprile, è stato staccato il ventilatore che teneva in vita Alfie Evans, il bambino affetto da una malattia neurodegenerativa che neppure i più affermati tra i medici che l’hanno visitato in questi due anni hanno saputo diagnosticare. Alle 8.20 di questa mattina, il piccolo respira autonomamente, seppure a fatica. Ma respira, tant’è che i medici hanno dovuto ricominciare a idratarlo, “perché altrimenti sarebbe stata una morte per fame e sete”, ha detto Thomas Evans, il papà di Alfie, ai giornalisti radunati all’esterno dell’ospedale. Poco prima delle 10 di stamattina, la madre ha fatto sapere che al piccolo è stato ridato l’ossigeno e prosegue l’idratazione. I medici dell’Alder Hey Hospital di Liverpool avevano sostenuto che l’agonia, una volta avviata la procedura di estubazione, non sarebbe durata più di quindici-trenta minuti. L’ordine di staccare la spina è arrivato in serata dal giudice Anthony Hayden, lo stesso che un mese fa aveva sentenziato la morte per il bambino in quanto la sua è “una vita inutile”. Lo stesso magistrato aveva anche giustificato la decisione con presunte affermazioni del Papa in tal senso. Frasi estrapolate da un contesto completamente diverso, visto che Bergoglio aveva parlato di accanimento terapeutico (e non è questo il caso di Alfie Evans) in un discorso davanti alla Pontificia accademia per la vita.
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