FESTA 10 OTTOBRE
In San Cerbone si scopre un vescovo che ammansiva gli orsi, mungeva le cerve, si faceva scortare fino alla soglia di San Pietro da oche selvatiche e celebrava la messa all’alba, accompagnato da un miracoloso coro angelico. Figura emblematica, le cui vicende biografiche sono spesso accumunate a quelle dell’arcivescovo africano Regolo, Cerbone è spesso raffigurato con l’attributo delle oche.
È San Gregorio Magno (590-604) a fornirci gran parte della letteratura agiografica su San Cerbone, nel capitolo XI dei suoi Dialogi e mediante le biografie medievali relative alla vita di San Regolo (sec. VII o VIII). “Vescovo di Massa Marittima (544 ca.); morì sull’isola d’Elba (575 ca.) dove si era rifugiato alla discesa dei Longobardi; festa 10/10.”Del resto, è fin troppo sintetica la scheda del Dizionario dei Santi , edito da TEA, relativa al santo massetano, dove è chiamato Cerbonio e non vengono fornite altre informazioni. La sovrapposizione tra le Vitae di Regolo e Cerbone è probabilmente da ascrivere al periodo successivo alla traslazione delle reliquie del primo santo da Populonia a Lucca, dove sono ancora oggi conservate nella cattedrale di San Martino, che avvenne nel 780 d.C.” Venute a mancare le reliquie di Regolo, si rafforzò nella cittadina massetana la devozione popolare per le reliquie di Cerbone, che da Populonia, distrutta nel 809 da un’incursione saracena, vennero portate a Massa Marittima dopo l’elevazione di quest’ultima a sede vescovile.
Nella tradizione locale, quindi, la vita del vescovo di Populonia venne accumunata alla vita del santo le cui reliquie non potevano più essere oggetto di devozione… La tradizione ci tramanda che San Cerbone nacque in Africa settentrionale da genitori cristiani. Seguendo la sua vocazione, mentre ancora si trovava nel suo luogo d’origine, si fece ordinare sacerdote dall’Arcivescovo Regolo e in seguito fu lo stesso Regolo a ordinarlo Vescovo. Ma a causa delle persecuzioni dei Vandali ariani, dominatori della zona, la comunità cristiana locale si disperse e Cerbone, insieme a Regolo e al vescovo Felice con alcuni presbiteri, fuggì in Italia.
Sorpresi da una tempesta durante la navigazione, si narra che i sacerdoti approdarono fortunosamente sul litorale toscano, dove condussero vita eremitica, finché una tragica vicenda non turbò il loro ritiro: durante la guerra greco-gotica che opponeva i Bizantini cristiani al paganesimo dei Goti, Regolo fu imprigionato e decapitato con l’accusa di aver favorito i Bizantini.
“Alla morte del vescovo di Populonia, Fiorenzo, i cittadini e i chierici vollero Cerbone come nuovo vescovo. Dopo varie reticenze, egli accettò la Cattedra Episcopale”Avvenne però che il Beato Cerbone celebrasse la Messa del mattino troppo presto e che il popolo che abitava nei villaggi non potesse prendervi parte. Irritato per questa abitudine il popolo si rivolse a Papa Virgilio (537-555) che inviò suoi legati a prelevare Cerbone per condurlo innanzi a lui. La leggenda, riportata nel manoscritto giacente presso la Biblioteca Vaticana al n. 6493, accenna a due miracoli che il Santo operò durante il viaggio.
Il primo fu quello delle due cerve che il Beato Cerbone (Lombardi, 1953:21)munse, procurando latte ai Legati che, estenuati dal viaggio stavano per morire di sete e si erano a lui raccomandati.
L’altro nei pressi di Roma, quando guarì tre uomini colpiti da febbri perniciose.
I Legati pertanto, andati ad annunziare l’arrivo di Cerbone al Papa, narrarono quanto aveva fatto Cerbone durante il viaggio.
Ammirato e timoroso, il Pontefice con le pianete, l’incenso, litaniando e salmodiando, gli andò incontro: secondo tradizione, da allora, il Vescovo di Massa Marittima è l’unico che, andando a trovare il Papa a Roma, viene accolto dal Pontefice che si alza dalle sedia pontificia, e gli si pone incontro.
Fu comunque in tale occasione che Cerbone manifestò un altro prodigio: incontrate delle oche selvatiche, fece su di loro il segno della croce così dicendo: “Non abbiate facoltà del Signore di volare in altro luogo, fintanto che non sarete venute con me alla presenza del Signor Papa…”.
E così fu: le oche lo accompagnarono e vennero offerte come piccoli doni della Chiesa di Populonia. Solo quando il Beato Cerbone fece il segno della Croce su di loro e le licenziò, le oche si innalzarono in aria e volarono via.” (Paolo Pisani – Santi, Beati e Venerabili nella provincia di Grosseto – Edizioni Cantagalli).
La leggenda prosegue, narrando che il Papa volle assistere di persona alla messa dell’alba, dopo aver trascorso la notte in preghiera con il Santo. Poté così assistere al miracolo del coro angelico, levatosi melodioso al momento dell’eucarestia. Concesse quindi a Cerbone di proseguire nella sua usanza e di rientrare a Populonia.
Come era già successo al suo maestro Regolo, anche Cerbone venne accusato di proteggere i Bizantini e il re dei Goti, Totila, famoso per la sua crudeltà, comandò che Cerbone venisse condotto nel bosco e dato in pasto ad un orso.
L’animale, alla sua vista, invece di assalirlo, piegò il collo e con la testa umilmente abbassata, iniziò a leccare i piedi di Cerbone.
Totila, che aveva voluto assistere personalmente all’esecuzione del suo ordine, dispose immediatamente la sua liberazione.
Nel 573 l’arrivo dei Longobardi sconvolse nuovamente la diocesi. e causò la fuga di Cerbone con il suo clero alla vicina isola d’Elba, controllata dai Bizantini. Vicino alla morte, il Santo Vescovo, nell’ottobre del 575 chiese come ultimo desiderio di essere sepolto in una chiesetta del Golfo di Baratti, sotto Populonia. Al timore espresso dai suoi seguaci d’incontrare i soldati longobardi, Cerbone li rassicura e prima di spirare dirà loro che vadano tranquilli poiché non capiterà loro alcun guaio.
E così si assistette all’ultimo miracolo. Non appena la barca con le spoglie del santo si avvicinò alla costa di Populonia, il cielo, narra la leggenda, divenne nero come la pece e scoppiò una furiosa improvvisa burrasca, che impediva la visibilità e fece approdare il gruppo del tutto inosservato nel golfo di Baratti. Fra l’altro, nonostante la gran pioggia, sulla barca non cadde neanche una goccia d’acqua. Protetti anche da una fitta nebbia, i fedeli non incontrarono nessuna pattuglia longobarda, raggiunsero la chiesa, seppellirono il corpo del Vescovo e se ne tornarono nell’isola d’Elba, navigando in un mare liscio come l’olio.” (Paolo Pisani – Santi, Beati e Venerabili nella provincia di Grosseto – Edizioni Cantagalli).
La figura di San Cerbone ha avuto un grande peso nella storia di Massa Marittima. È infatti intorno al suo altare che venivano redatti e firmati i documenti più importanti, a cominciare dalla costituzione del Libero Comune nei primi anni del XII secolo. Le reliquie del santo ebbero vita agitata e subirono svariate traslazioni. Dopo la prima, già menzionata, del 780, al principio del XIII secolo erano conservate nella Cattedrale di Massa. Poi, a causa delle continue incursioni, vennero smarrite o nascoste, finché, nel 1531, il Consiglio Maggiore nominò sei cittadini perché insieme al vescovo Ghianderoni ricercassero le reliquie. Risultate inutili queste prime ricerche, vennero ripetute fino al ritrovamento, avvenuto nella notte del 26 giugno 1599, “in cornu Evangelii” dell’Altare Maggiore. Riposte provvisoriamente in Sacrestia, furono raccolte in un urna di piombo che venne solennemente riposta nell’Arca marmorea sotto l’Altare Maggiore, con tanto di autorizzazione del pontefice Clemente VIII (1592 – 1605) con la bolla del 15 maggio 1600. Durante la seconda Guerra Mondiale, nel 1943, per precauzione contro le incursioni aeree, l’Arca venne rimossa e posta nella Cripta, mentre le reliquie furono trasferite nella Cappella del Vescovado.”
Il 9 maggio 1953 ricomposta l’Arca marmorea, nel centro della stessa Cripta, vi furono riposte le reliquie di san Cerbone, dopo la ricognizione canonica eseguita dal Capitolo della Cattedrale, dal Vescovo, da due medici e due laici, membri della Commissione Diocesana d’Arte Sacra. ” (Paolo Pisani – Santi, Beati e Venerabili nella provincia di Grosseto – Edizioni Cantagalli). Sono numerossissime le testimonianze materiali del culto di San Cerbone, sopratutto, com’è ovvio, a Massa Marittima, dove sono raccolte per la quasi totalità nel Duomo a lui intitolato.
Già nella facciata è possibile ammirare l’Architrave monolitico del portale, della prima metà del XII secolo, dove sono raffigurate scene dell’Approdo sul litorale toscano, di San Cerbone dato in pasto agli orsi, degli inviati del papa che si dissetano con il latte di cerva, delle oche che scortano il santo dal pontefice e da San Cerbone che celebra messa in San Pietro. Una vetrata circolare, istoriata policroma, della prima metà del XIV secolo mostra San Cerbone di fronte al papa. San Cerbone è anche raffigurato con le oche in una delle arcatelle trilobate che ornano il fonte battesimale che fu intagliato in un unico blocco di travertino nel 1267 da Giroldo da Corno. Questa è anche considerata la prima rappresentazione isolata di Cerbone con il classico attributo delle oche
Ricchissima di immagini del santo è l’Arca sepolcrale di Cerbone in marmo bianco, firmata e datata da Goro di Gregorio nel 1324. È infatti decorata da otto formelle che raffigurano i principali eventi della vita di Cerbone, mentre il coperchio è abbellito da dodici medaglioni con Immagini della Madonna, di vari santi e di Cerbone vegliato dagli angeli. Nel coro del Duomo, scoperto nel 1981 sotto l’intonaco, è visibile un affresco del XV secolo in cui il vescovo Antonio presenta inginocchiato la sua ufficiatura liturgica a Cerbone attorniato dalle oche. Sempre nel Duomo è custodita una tela seicentesca, attribuita a Raffaello Vanni (1587-1673), in cui è raffigurata la Madonna che offre il rosario a San Cerbone. Nella cripta, invece, si trova l’affresco del XIV-XV secolo dove è rappresentata una Crocifissione con i dolenti ai cui lati si trovano San Bernardino e Cerbone con le oche. Qui è custodito anche un Busto di Cerbone in legno policromo, opera della fine del Trecento, e in canonica si trova il Reliquiario del dito di San Cerbone in argento dorato, opera di un ignoto orafo senese del XIV secolo. Lasciato il Duomo, nel Museo Archeologico troviamo la famosa tavola di Ambrogio Lorenzetti (1285-1348) raffigurante La Madonna in trono col Bambino, angeli, santi e le virtù teologali. Nell’opera Cerbone appare con il suo seguito di oche tra una fitta schiera di santi. Massa è nominata per la prima volta come località, Massa Maritiba, in un atto di vendita di alcuni possessi del fondo Cellole del 738.
Il nome di Massa sembra che derivi dal termine Massae che in epoca tardo-romana indicava le grandi proprietà terriere poi appartenute ai Goti o al patrimonio ecclesiastico. Intorno alla fine dell’XI secolo la chiesa massetana fu indicata in diversi atti come “ecclesia sancti Cerbonis“.
TRATTO DA http://www.massamarittima.info/storia/san_cerbone.htm