L’Abate Faria ricorda padre Piero Gheddo. E vuole mettere i puntini sulle “i” sull’essenziale di un elemento che è costitutivo del cristianesimo: l’annuncio della Parola di Dio. Così come fu il mandato affidato agli apostoli, l’annuncio di una Buona Novella. Correggendo anche l’idea che la testimonianza debba essere muta e silenziosa. Come piace tanto a chi della Chiesa è ed è sempre stato nemico. Una tesi che ha trovato alleati impensati e inspiegabili al vertice della Chiesa cattolica. Basta ricordare le condanne del Pontefice regnante contro il proselitismo, di cui si vuole vedere solo l’interpretazione negativa…Ma eccovi l’abate Faria.
Padre Piero Gheddo, scomparso oggi, compì la sua missione principalmente per mezzo della carta stampata. Mentre elevo al cielo una preghiera per il riposo eterno della sua anima, mi interrogo su cosa debba essere un missionario.
Ho fatto da giovane sacerdote una breve esperienza in Africa e ho sempre pensato che la mia unica missione fosse quella di annunciare Cristo.
Il missionario non è quello che si imbarca in una esperienza di vita di quel genere per apprezzare le culture locali; i locali non hanno bisogno dei missionari per quel tipo di conferma.
Il missionario non è un operatore culturale, un assistente sociale, un paramedico. Tutte queste cose, che certamente possono anche esistere nel missionario, devono soltanto condurre le popolazioni locali a conoscere ed amare Dio.
Bisogna stare attenti, oggi come oggi, a chi si converte e a che cosa, in quanto ho visto alcuni che predicavano la conversione del missionario alla cultura locale piuttosto che la conversione di questa all’annuncio cristiano.
Marco Tosatti
Grazie di cuore….Riposa in pace…Dio con noi.
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