Parole pronunciate nel lontano 1970, che costituiscono una vera profezia di ciò che sarebbe accaduto nel nostro oggi….
“Una Chiesa che venga considerata solo dal punto di vista politico, cioè contro tutta la sua storia e la sua natura, non ha alcun senso e la decisione di rimanere in essa, se è una decisione esclusivamente politica, non è leale anche se si presenta come tale.
Ma di fronte alla situazione attuale, come si può giustificare la permanenza nella Chiesa? In altri termini: se vuole avere senso, la scelta a favore della Chiesa deve essere di carattere spirituale – ma come si può motivare una simile scelta spirituale? Vorrei dare una prima risposta di nuovo con un paragone e con il ricorso a un’affermazione fatta in precedenza per descrivere la situazione attuale.
Avevamo detto che noi, con la nostra analisi approfondita della Chiesa, siamo arrivati talmente vicino a essa che non riusciamo più a percepirla nel suo complesso.
Questo pensiero si può approfondire ricorrendo a un’immagine che i Padri della Chiesa scoprirono nella loro meditazione simbolica sul mondo e sulla Chiesa. Essi spiegarono che nella struttura del cosmo materiale il ruolo della luna è una metafora di ciò che la Chiesa rappresenta per la realizzazione della salvezza nel cosmo spirituale-religioso. Viene ripreso qui un antichissimo simbolismo della storia delle religioni (i Padri non hanno mai parlato di “teologia delle religioni”, ma l’hanno attuata), in cui la luna, come simbolo tanto della fertilità e della fragilità, della morte e della caducità, quanto anche della speranza nella rinascita e nella resurrezione, era l’immagine dell’esistenza umana, “patetica e insieme consolatrice”.
Il simbolismo lunare e quello terrestre si fondono spesso: la luna, nella sua fugacità e nella sua rinascita, rappresenta il mondo dell’uomo, il mondo terreno, questo mondo che è limitato dal bisogno di ricevere e che ottiene la propria fertilità non da se stesso, ma da qualche altra parte, dal sole.
In questo modo il simbolismo lunare diventa anche il simbolo dell’essere umano, così come esso si manifesta nella donna, che concepisce ed è fertile in forza del seme che riceve. I Padri applicarono il simbolismo lunare alla Chiesa soprattutto per due motivi: per la relazione luna-donna (madre) e per il fatto che la luce della luna non è luce propria, ma luce del sole, senza il quale essa sarebbe solo oscurità; la luna risplende, ma la sua luce non è sua, bensì di qualcun altro. Essa è buio e luce allo stesso tempo. In se stessa è oscurità, ma dona luminosità in virtù di un altro, di cui riflette la luce. Proprio per questo essa rispecchia la Chiesa, che illumina pur essendo essa stessa buio; non è luminosa in virtù della propria luce, ma riceve quella del vero sole, Gesù Cristo, cosicché – sebbene essa stessa sia solo terra (anche la luna non è che un’altra terra) – è tuttavia in grado di illuminare la notte della nostra lontananza da Dio – la luna narra il mistero di Cristo.
Non si devono forzare i simboli; ciò che hanno di prezioso consiste proprio in una ricchezza di immagini che si sottrae agli schematismi logici. Tuttavia oggi, nell’epoca del viaggio sulla luna, si impone un ampliamento del paragone, con il quale si metta in evidenza, confrontando il pensiero fisico e quello simbolico, lo specifico della nostra situazione anche rispetto alla realtà della Chiesa.
L’astronauta e la sonda lunare scoprono la luna solo come roccia, deserto, sabbia, montagne, ma non come luce. E in effetti essa è in se stessa soltanto questo: deserto, sabbia, roccia. Tuttavia, per merito di altri e in funzione di altri ancora, essa è anche luce e rimane tale anche nell’epoca dei viaggi nello spazio. E’ quindi ciò che non è in se stessa.
L’altro, ciò che non è suo, fa comunque parte anche della sua realtà. Esiste una verità della fisica e una verità poetico-simbolica e l’una non annulla l’altra. Allora chiedo: questa non è forse un’immagine molto precisa della Chiesa?
Chi la esplora e la percorre con la sonda spaziale, può scoprire solo deserto, sabbia, roccia, le debolezze dell’uomo, i deserti, la polvere e le altezze della sua storia. Tutto ciò le appartiene, ma non rappresenta la sua effettiva realtà.
L’elemento decisivo è che essa, benché sia solo sabbia e sassi, è di certo anche luce in virtù di un altro, del Signore: ciò che non è suo, è veramente suo, la sua effettiva natura, anzi, la sua natura consiste nel fatto che essa non vale per ciò che è, bensì solo per ciò che non è suo. Essa esiste in qualcosa che è al di fuori di essa e ha una luce che, pur non essendo sua, costituisce tutta la sua essenza. Essa è “luna” –mysterium lunae – e così riguarda i credenti, perché proprio così essa è il luogo di una costante scelta spirituale.
Poiché il significato espresso in quest’immagine mi sembra di importanza decisiva, prima di tradurlo dal linguaggio metaforico in affermazioni oggettive, vorrei chiarirlo meglio con un’altra osservazione.
Dopo la traduzione in tedesco della liturgia, secondo l’ultima riforma, mi si presentava continuamente una difficoltà linguistica nel recitare un testo, che appartiene proprio a questo stesso contesto e che è sintomatico per ciò di cui si tratta qui.
Nella traduzione tedesca del Suscipiat si dice: il Signore riceva dalle tue mani questo sacrificio “per il bene nostro e di tutta la Sua santa Chiesa”.
A me veniva sempre spontaneo dire: “E di tutta la nostra santa Chiesa”.
In questa difficoltà linguistica viene alla luce tutta la problematica che stiamo trattando e diventa chiaro il fatto che siamo incorsi in una deviazione di prospettiva.
Al posto della Sua Chiesa è subentrata la nostra e con essa le molte chiese: ognuno ha la propria.
Le chiese sono diventate nostre imprese, di cui siamo orgogliosi o ci vergogniamo, tante piccole proprietà private che stanno una accanto all’altra, chiese soltanto “nostre” che noi stessi costruiamo, che sono opera e proprietà nostra, e che noi vogliamo trasformare o conservare come tali.
Dietro alla “nostra Chiesa” o anche alla “vostra Chiesa” è scomparsa la “Sua Chiesa”.
Ma solo quest’ultima interessa e se non esiste più anche la “nostra” Chiesa deve abdicare.
Se fosse soltanto nostra, la Chiesa sarebbe solo un inutile gioco da bambini.”
Joseph Ratzinger
Farei notare che la luna non è di luce riflessa solare però
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Se volete ve lo spiego ma mettetemi in moderazione i commenti eventualmente
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La terra è piatta; la luna e il sole sono astri che ruotano dentro la cupola terrestre, la luna leggermente in ritardo rispetto al sole, che fa un giro completo in 24 ore, lungo le due orbite del Tropico del Cancro (durante l’estate in Europa ad esempio) e lungo il Tropico del Capricorno durante l’inverno europeo, essendo appunto più distante da quelle terre. Il sole, come la luna, sono due “lampadine”, dotate o meglio illuminate di luce propria: infatti è più che possibile vedere in cielo, di giorno, contemporaneamente il sole splendente e la luna non piena, ma a un quarto ad esempio o addirittura “nuova” (scura): questo perché è probabilmente una lampadina, illuminata dall’energia che le arriva tramite la cupola terrestre. Gli astri – quasi tutti, ma non credo tutti – sono incastonati nella cupola, che ruota infatti attorno al suo centro, immobile, che sarebbe la cosiddetta “stella polare”. Dunque la terra è piatta, come si può evincere facendo un semplice controllo matematico degli oggetti che non sarebbe possibile vedere se essa fosse tonda. Dunque non si muove né ruota. In questo non aveva ragione Galileo Galilei, ad esempio, né successivamente gli evoluzionisti: il presunto eliocentrismo e l’evoluzionismo sono i due pilastri (non veri) della scienza moderna, che ha creato un mondo creato del caos, che sia il movimento perenne delle specie o dei pianeti non cambia molto. Tutta la creazione, a questo punto – come accade per l’episodio storico della creazione di Adamo ed Eva e del relativo peccato per “concepimento non consentito” – andrebbe considerata come letterale, come altri episodi come il diluvio ecc.. I dati biblici cioè trovano (troverebbero) ampia conferma nella storia e nelle scienze come nell’archeologia; com’è probabile che ci fosse vita sulla Terra già prima della creazione di Adamo ed Eva. In questo, la storia delle varie discese di divinità (Anunnaki, o tutte le stirpi divine più o meno tecnologiche che hanno popolato la terra finora) andrebbe integrata nel più ampio racconto biblico, che è la storia da un lato della riconduzione di più pantheon e più divinità al monoteismo del Dio di Israele-Giacobbe (comunque voce del Dio sommo), poi direttamente di quello sommo, Padre di Gesù, suo figlio unigenito, che completa e chiude la creazione umana contrapponendolo al peccato originale operato da Adamo ed Eva. Questo sarebbe a mio parere il ciclo di chiusura della storia della salvezza, nell’attesa del ritorno del Signore.
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D’altronde, chi possa stare nel Sole, ad esempio, è intuibile leggendo il prologo del Vangelo di Giovanni, o guardando qualche ostensorio, ad esempio
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