IL CARDINALE MULLER sostiene di non aver votato in unanimità la relazione tedesca al Sinodo per la Famiglia 2015

Nella nostra traduzione da OnePeterFive, riprendiamo un articolo di Maike Hickson che sottolinea gli interrogativi sollevati dall’intervista rilasciata dal Card. Müller il 13 ottobre scorso al giornale cattolico tedesco Die Tagespost [qui].  Potrebbe apparire a prima vista una questione di lana caprina; ma in realtà non sarebbe altro che una nuova conferma del cosiddetto Sinodo “taroccato” e delle molteplici ambiguità a tutti i livelli [qui].

Il cardinale Müller dichiara che il suo voto alla relazione tedesca al Sinodo della Famiglia 2015 non è stato unanime.

Il cardinale Gerhard Müller, ex prefetto della Congregazione per la dottrina della fede (CDF), continua a sorprenderci. Dopo aver recentemente parlato pubblicamente dell’attuale clima di paura e di censura in Vaticano sotto papa Francesco [qui], il cardinale tedesco ora dichiara di non essere coinvolto col suo consenso personale alla relazione finale del gruppo germanofono al secondo Sinodo dei Vescovi sulla Famiglia a Roma nel 2015. Se ciò fosse vero, ci troveremmo di fronte a un altro grande scandalo, dal momento che quel documento sinodale è stato presentato al pubblico come se avesse avuto l’approvazione dello stesso prefetto della CDF.

In un’intervista del 13 ottobre al giornale cattolico tedesco Die Tagespost [qui], il cardinale Müller risponde a una domanda sul gruppo di lingua tedesca e sulla discussione del 2015 degli scritti di San Tommaso d’ Aquino. Egli chiarisce quanto segue:
“Io stesso avevo introdotto nella discussione di questo gruppo linguistico il riferimento alle quaestiones 79 e 80 della terza parte della Summa theologiae, così che lo stesso cardinale Christoph Schönborn fosse felice di tutto ciò che il suo collega aveva già detto seicento anni fa sul tema del legittimo e fecondo ricevere l’Eucaristia. Ѐ stato detto che la relazione finale è stata approvata per un voto, cioè con il mio voto. Ѐ anche vero, tuttavia, che questa votazione era segreta”.
Ora queste ultime due frasi piuttosto vaghe acquistano importanza notevole, in quanto il cardinale Reinhard Marx, presidente della Conferenza episcopale tedesca, aveva sostenuto, in una conferenza stampa al termine del Sinodo del 2015 sulla Famiglia, che la relazione finale del gruppo germanofono era stata approvata all’unanimità. Affermazione non vera, alla fine? A quel tempo, infatti, avevo riportato quanto segue:

“Fu nell’ultima delle tre relazioni dei gruppi linguistici, come riferisce Edward Pentin [del National Catholic Register], che il gruppo di lingua tedesca lanciò l’idea di un ricorso al foro interno, che secondo i critici era una versione leggermente modificata della ‘Tesi – Kasper’ che ammetterebbe i divorziati risposati alla Comunione dopo un periodo di penitenza […]”.

Significativamente, quando il 21 ottobre [2015] è stato presentato questo rapporto del gruppo in lingua tedesca, è stato lo stesso cardinale Marx che, intervenendo in una conferenza stampa sinodale, ad insistere sul fatto che quella relazione era stata scritta col sostegno unanime di tutti i membri del gruppo. Più di una volta egli dichiarò: “Ogni testo del gruppo di lingua tedesca, ogni relatio, è unanime. Nessun voto contrario. Questo è molto importante, credo”. Egli ovviamente lo ripeteva in modo che tutti nella sala si rendessero conto che ciò significava che anche il cardinale Müller avesse appoggiato la relazione. E il card. Marx diceva esplicitamente che l’idea del “foro interno” doveva essere un mezzo per aiutare alcuni divorziati “risposati” a giungere ad una piena riconciliazione con la Chiesa, [inclusione] “che comprendesse l’accesso ai Sacramenti”. Il cardinale Marx nella conferenza stampa cita esplicitamente che c’era stata una sorta di accordo tra i cardinali Kasper e Müller durante il fine settimana, dopo che ciascuno di loro aveva studiato gli scritti di San Tommaso d’Aquino su come, con prudenza, “guardare alle diverse situazioni”.
Secondo la mia relazione, il cardinale Müller e il cardinale Walter Kasper avevano poi raggiunto una sorta di accordo che ha portato all’introduzione dell’idea del “forum internum”, che è poi entrato nel rapporto finale sintetico del Sinodo e che a sua volta è stato utilizzato da papa Francesco per giustificare nella sua esortazione apostolica Amoris Laetitia l’idea che le coppie divorziate e “risposate” potessero avere un discernimento a proposito della loro situazione nel “forum internum”, e che proprio l’aiuto della Chiesa potesse a volte “ammettere ai Sacramenti”.

 

Ciò significherebbe che papa Francesco ha potuto, indirettamente, utilizzare il presunto compromesso Kasper-Müller – come “moderato” dal cardinale Schönborn – allo scopo di poter attuare il suo atteggiamento più liberalizzante nei confronti delle coppie divorziate e “risposate” con il sapiente “sostegno” del documento finale del Sinodo del 2015. (Come vediamo ancora oggi, in qualche modo la discussione a proposito di San Tommaso, così come iniziata dal cardinale Müller, è stata ancora ripresa da Papa Francesco, il quale ora sostiene che Amoris Laetitia è “tomista.”)1.

 

Ed è la radio della diocesi di Colonia, in Germania, che il 24 ottobre, dopo la fine del Sinodo del 2015, ha dichiarato che il gruppo di lingua tedesca era stato decisivo:
“Alla fine, è stato il gruppo di lingua tedesca a superare l’ostruzione e il blocco essenziale riguardo alle coppie divorziate e risposate. […]
Da allora è stata fatta una piccola apertura, e le idee centrali di questo gruppo si ritrovano nella relazione finale. Se poi papa Francesco più tardi le copia [nell’Amoris Laetitia], sarebbe possibile per chi opera nella pastorale aprire a coloro che sono interessati – in certi “casi estremi” – il cammino verso una “crescente integrazione” nella vita comunitaria. Alcuni di coloro che sono responsabili nella cura pastorale includeranno  di conseguenza anche l’ammissione alla Santa Comunione”.
All’epoca, ricordo di aver sentito da fonti presenti a Roma riferire che il cardinale Müller aveva voluto mostrare misericordia per alcuni casi particolari di coppie “risposate”, come poi riportava anche la rivista tedesca FOCUS. Tuttavia, cinque mesi dopo, nel marzo 2016, il cardinale Müller si era già allontanato dall’idea di un atteggiamento più liberale nei confronti della questione delle coppie divorziate e “risposate”, cioè riaffermando che esse avrebbero dovuto astenersi dai rapporti sessuali se volessero avere accesso ai Sacramenti.

 

Nonostante il suo successivo allontanamento dall’approccio di Kasper – e da allora – ho ripetutamente, forse ingiustamente, ritenuto il cardinale Müller in parte responsabile dei frutti negativi di Amoris Laetitia. Infatti, senza la sua approvazione della relazione finale del gruppo germanofono al Sinodo, l’idea del “forum internum” (che non menzionava ancora esplicitamente l’accesso ai Sacramenti) non sarebbe entrata nella relazione finale del Sinodo e quindi non avrebbe potuto essere legittimamente “estratta” e utilizzata specificamente da papa Francesco.

Ora non so cosa pensare.

Se, dopo tutto, il cardinale Müller non avesse dato il suo consenso a questo compromesso sostenuto dai tedeschi al Sinodo, ora dovrei opportunamente ritrattare tutti i miei commenti male informati e le critiche alla sua persona e al suo ruolo. Ma, allo stesso modo dovrebbero fare molti altri osservatori che sono stati tutti tratti in inganno.

 

Ma, perché mai il cardinale Müller non si è espresso prima e non ha dimostrato che il cardinale Marx stava effettivamente dicendo una falsità quando, alla fine del Sinodo del 2015, ha insistito sul fatto che la relazione di lingua tedesca era stata approvata all’unanimità? Perché il cardinale Müller indica solo ora una correzione o modifica così implicita, ora che il Papa Francesco lo ha destituito – e così bruscamente – dalla sua funzione di prefetto della Congregazione per Dottrina della Fede?
Questa nuova e alquanto ambigua intervista di Müller potrebbe condurre a un altro scandalo. Lo scandalo consisterebbe nel fatto che personalità di spicco del Sinodo abbiano usato erroneamente il nome del cardinale Müller per attuare in modo più efficace la propria agenda progressista di riforme. Si toglierebbe ulteriormente la “foglia di fico”, per così dire, di legittimità da quell’equivoco processo sinodale che, comunque, è stato fortemente criticato.
Tre giorni fa, ho contattato il segretario del cardinale Müller e gli ho chiesto ulteriori chiarimenti per sapere se il cardinale ha effettivamente votato a favore del voto finale concorde, che si dice unanime, del gruppo di lingua tedesca. Se dovessi ricevere una risposta da lui, aggiornerò questo articolo. Ho anche contattato Matthias Kopp, il portavoce per la stampa del cardinale Marx. Egli mi ha risposto dicendo che ora dovrei invece rivolgermi alla Segreteria dei Sinodi; e così ha rifiutato la mia richiesta avanzata al cardinale Marx di confermare la sua precedente dichiarazione pubblica sull’unanimità. Tuttavia, in una seconda risposta un paio d’ore dopo, Kopp mi ha fatto notare la dichiarazione ufficiale dell’arcivescovo Heiner Koch – relatore del gruppo di lingua tedesca al Sinodo del 2015 – in cui anche Koch afferma che la relazione finale è stata approvata all’unanimità dai membri del gruppo. Ciò rende ancora più urgente una dichiarazione chiarificatrice dello stesso cardinale Müller.
[Traduzione a cura di Chiesa e post-concilio]

________________MULLER

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