La prima visita a Milano fu quella di Martino V nel 1418. Poi le due di Giovanni Paolo II che rimproverò la città. Benedetto XVI e l’abbraccio all’amico Scola che in molti videro come una sorta di investitura
Sono quattro in sei secoli, ma hanno lasciato un segno le visite dei Papi a Milano: Martino V nel 1418; Giovanni Paolo II nel 1983 e nel 1984; Benedetto XVI nel 2012. Ma anche due visite solo «sognate» sono state la prova del legame tra città, situazione del Paese, sentire religioso: Achille Ratti a causa delle crescenti difficoltà nei rapporti della Chiesa con Mussolini, nonostante i Patti Lateranensi, dovette rinunciare a rivedere la «sua» Ambrosiana, lui che da Prefetto era divenuto Pio XI; Paolo VI per motivi di sicurezza fu sconsigliato di inaugurare il Seminario restaurato di corso Venezia, deludendo la promessa fatta al successore cardinale Colombo in crisi e sull’orlo delle dimissioni per l’incalzare della contestazione ecclesiale.
Andando per ordine, a Ottone Colonna, 206° Papa della Chiesa, si deve l’inaugurazione dell’altare del Duomo. Martino V veniva da Costanza, dove il Concilio, XVI assise ecumenica nella storia della Chiesa, lo aveva eletto, ponendo fine allo scisma d’Occidente. Sulla via di Roma sostò anche nel capoluogo lombardo, accolto con sospetto da Filippo Maria Visconti, che aveva appena fatto torturare e decapitare la moglie Beatrice di Tenda accusata, a torto, di adulterio. Erano un ricordo lontano i tempi in cui Ambrogio rifiutava la comunione all’Imperatore a causa dei suoi delitti. Martino V entrò in città su una mula bianca, col Duca omicida al fianco e una dozzina di cardinali, oltre a magistrati e dignitari di corte, al seguito.
Teatro di tensione tra Chiesa e Milano, e fonte di una dialettica che animerà la vita ecclesiale per 20 anni, fu la prima visita di Giovanni Paolo II. Era il maggio 1983. Wojtyla veniva a concludere il XX Congresso Eucaristico Nazionale. La città si stava abituando allo stile Martini, l’Arcivescovo che lo stesso Papa aveva voluto successore di Ambrogio in segno di novità. Il Cardinale preparò Milano ad accogliere il Papa sulla scia delle due lettere pastorali, «La dimensione contemplativa della vita» e «In principio la Parola». Raccomandò «preghiera, silenzio, adorazione» e ricordò che «il seme deve diventare pianta». La doccia fredda arrivò dal discorso di Giovanni Paolo II sbarcato a Linate, un atteggiamento opposto a Martini. Davanti al sindaco Tognoli e a Fanfani, presidente del Consiglio, Wojtyla disse che «anche a Milano si riscontrano quei fenomeni negativi che inquinano le società del Nord». Parlò di «riduttivo secolarismo», «umanesimo immanentistico», «rottura delle radici storiche, culturali, religiose».
Non fu facile capire da dove Wojtyla avesse tratto informazioni per dare uno schiaffo alla città ed esprimere un giudizio tanto duro contro la modernità. Quella contrapposizione diede corpo all’immagine di un Martini anti-papa. La definizione irritò l’Arcivescovo, che la respinse con sdegno. Lo stesso Papa smentì a sua volta, chiamando Martini a introdurre il Sinodo dei Vescovi e assecondando la sua presenza ai vertici del Comitato che nel 1985 organizzò poi il Convegno della Chiesa, a Loreto. Non fu nemmeno sufficiente a smontare la polarizzazione attorno alle due forti personalità espressione di due immagini di Chiesa la visita del Papa l’anno successivo. Ricorreva il 4° centenario di San Carlo; partendo dal nome che portava Karol Wojtyla volle intervenire alle celebrazioni. L’approccio fu diverso. La visita partì dal Cimitero Maggiore. Era il 2 novembre e lì Giovanni Paolo II parlò della «morte principio vero di una vita nuova». Il viaggio del Papa toccò tutti i luoghi di San Carlo, tra Lombardia e Piemonte. Segno del coinvolgimento emotivo di Wojtyla fu un curioso atto mancato: il Papa dimenticò di restituire a Martini l’anello pastorale di San Carlo, che gli era stato affidato in segno di riguardo.
Di segno diverso fu il viaggio di Benedetto XVI nel giugno 2012. Si dice che il Papa già coltivasse l’idea delle dimissioni. Fu molto affettuoso lo scambio col cardinale Scola, che lui aveva voluto mandare a Milano da Venezia. I rumor suggerivano che la visita fosse una sorta d’investitura alla successione. Contavano l’antica stima, ai tempi di Communio, la rivista fondata da Ratzinger vicina alla tradizione sorta nel 1972 (in Italia edita da Jaca book), in risposta a Concilium, la rivista fondata nel ‘65 da Congar, Küng, Metz, K. Rahner; e una visione sul ruolo dell’Europa, che per Benedetto XVI rappresentava il cuore pulsante della Chiesa.
Adesso arriva Francesco con orizzonti che di Milano, nel sogno di Bergoglio, fanno capitale delle periferie dell’anima e del mondo.