Una trentina in San Giovannino, altrettanti a Budrio per la liturgia dei lefebvriani Tanti i giovani: «Questa celebrazione ci avvicina al mistero e al sacrificio di Dio»
REGGIO EMILIA. «Domine non sum dignus ut intres sub tectum meum. E cioè: Signore non sono degno che tu entri sotto il mio tetto. È la frase pronunciata da un centurione a Cafarnao dopo che Cristo gli aveva detto che sarebbe andato a casa sua per guarire il suo servo malato. Nulla a che vedere con la traduzione: Signore non sono degno di partecipare alla tua mensa».
Ad assistere alla liturgia in latino nella bellissima – e nascosta – chiesa di San Giovannino, in piazza San Giovanni, dietro la Gelateria K2, sono circa una trentina («Solitamente siamo in 60-70 ma oggi c’era la messa dei lefebvriani a Budrio»). Ci sono uomini e donne, e tanti giovani. Tutti concordano sul motivo della loro presenza: «La messa in latino è più seria, più intensa di quella in italiano – dicono –. Ci avvicina al mistero di Dio. Qui al centro c’è il sacrificio, mentre nella liturgia in italiano c’è un ricordo anche un po’ sbiadito». E qualcuno aggiunge: «Mi serve per ricaricare le batterie».
Anche i profani respirano un’aria più sacra. Al di là delle parole latine – quasi un canto che si alza nella navata – la messa è costellata di silenzi assenti in quella in italiano: nei momenti di massimo raccoglimento si sentono distintamente le voci di chi passeggia in via Guido da Castello. Il sacerdote – don Carlo Castellini, ieri, perché in agosto don Carlo Pasotti è fuori città – non dà le spalle all’altare ma guarda l’ostensorio, come l’assemblea. La comunione, poi, si prende in ginocchio. Il tutto conferisce al rito un’aura antica, e anche per questo motivo c’è chi la preferisce a quello in italiano.
Abolita dal Concilio Vaticano II nel 1970, la messa in latino viene celebrata a Reggio – ogni prima domenica del mese – dal 2012. Voluta dai gruppi stabili “Beato Rolando Rivi” e “Cuore immacolato di Maria” per l’applicazione del motu proprio “Summorum Pontificum” di papa Benedetto XVI, la liturgia secondo il rito romano era inizialmente celebrata a Mancasale ma da cinque anni si è trasferita in centro storico. La liturgia diventa così anche l’occasione per ammirare le opere d’arte di cui San Giovannino è piena: le due grandi tele di Alessandro Tiarini poste ai lati del presbiterio, l’affresco di Paolo Giudotti nel catino absidale, e poi dipinti di Sisto Badalocchio e Lorenzo Franchi.
A chi si stupirà di sapere che, nel 2017, tanti ragazzi partecipano alla messa in latino, risponde il celebrante: «Per ogni vecchio che muore, c’è un giovane che arriva. Perché i giovani sono attratti dalla bellezza».
tratto da Gazzetta di Reggio 14 agosto 2017
di Martino Riccà
Beato tu….là dove abito non c’è ma ho un messale in latino, che mi è stato regalo per la mia cresima…..Grazie che Dio ti benedica…..
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personalmente ho assistito ad una messa in latino alcuni anni fa presso Norcia nella basilica di San Benedetto . Un esperienza memorabile
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