BENEDETTO XVI E’ IL PRIMO PONTEFICE a chiedere «perdono» pubblicamente e in modo esplicito per la PEDOFILIA NEL CLERO, in piazza San Pietro, l’11 giugno 2010 , davanti a quindicimila sacerdoti di tutto il mondo. Il 19 marzo aveva scritto una lettera storica ai cattolici irlandesi, con parole durissime contro i preti pedofili: «Dovrete rispondere davanti a Dio onnipotente, come pure davanti a tribunali debitamente costituiti». Soprattutto, il 21 maggio 2010, firma le nuove norme che segnano il punto di non ritorno della Chiesa nella lotta agli abusi, l’inizio della trasparenza e della «tolleranza zero»: definiscono il reato di pedopornografia, la possibilità di procedere per «via extragiudiziale», il potere del Papa di spretare direttamente i colpevoli quando le prove sono schiaccianti, l’allungamento della prescrizione da 10 a 20 anni e a partire dal diciottesimo compleanno della vittima: negli anni successivi vengono spretati centinaia di sacerdoti. MA QUESTO NON VIENE RICORDATO!

 

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«All’inizio anch’io ho dato più volte degli schiaffi, anche se la coscienza poi mi rimordeva». Sono sette anni che monsignor Georg Ratzinger è braccato da questa vicenda. A gennaio ne ha compiuti 93, ormai non vede quasi più. Non ha mai lasciato Ratisbona, ma il fratello minore Joseph è tutta la sua famiglia e appena può scende a trovarlo a Roma, magari per festeggiare assieme la Pasqua o il compleanno. «Quando nel 1980 le punizioni corporali sono state proibite, ho provato un profondo sollievo». Solo lui sa quanto gli costò quell’ammissione, all’inizio del 2010. Non negava che a quei tempi nelle scuole si usassero punizioni corporali, «anch’io ne ho subite da ragazzo», e gli fosse capitato di dare «qualche tirata d’orecchi» o al massimo un po’ di ceffoni, per cui chiedeva «perdono».

Allora funzionava così, del resto: «per raggiungere un livello musicale e artistico superiore» ci vogliono «disciplina e rigore». Però di violenze sessuali o crimini pedofili tra i ragazzi del suo coro «non se ne parlava, non ne ho mai saputo nulla», ha sempre assicurato.

Ieri l’avvocato Ulrich Weber ha ripetuto che Georg Ratzinger «ha distolto lo sguardo o comunque ha mancato di intervenire». Per trent’anni, dal 1964 al 1994, è stato direttore dei Regensburger Domspatzen, i «passerotti del Duomo», coro di voci bianche della cattedrale di Ratisbona, tra i più antichi se non il più antico del mondo. Bach, Mozart, Mendelssohn, incisioni per la Deutsche Grammophon, concerti di fronte a Giovanni Paolo II e alla Regina Elisabetta. Tutto cancellato dallo scandalo che lambiva «il fratello del Papa» in uno degli anni più terribili del pontificato di Benedetto XVI.

Succede tutto nel 2010. Benedetto XVI è il primo pontefice a chiedere «perdono» pubblicamente e in modo esplicito per la pedofilia nel clero, in piazza San Pietro, l’11 giugno, davanti a quindicimila sacerdoti di tutto il mondo. Il 19 marzo aveva scritto una lettera storica ai cattolici irlandesi, con parole durissime contro i preti pedofili: «Dovrete rispondere davanti a Dio onnipotente, come pure davanti a tribunali debitamente costituiti». Soprattutto, il 21 maggio 2010, firma le nuove norme che segnano il punto di non ritorno della Chiesa nella lotta agli abusi, l’inizio della trasparenza e della «tolleranza zero»: definiscono il reato di pedopornografia, la possibilità di procedere per «via extragiudiziale», il potere del Papa di spretare direttamente i colpevoli quando le prove sono schiaccianti, l’allungamento della prescrizione da 10 a 20 anni e a partire dal diciottesimo compleanno della vittima: negli anni successivi vengono spretati centinaia di sacerdoti.

E mentre accade tutto questo, cresce la polemica sul coro del «fratello del Papa». Anche se le cose sono un po’ più complicate. Il Regensburger Domspatzen è un’istituzione divisa in tre sezioni: il liceo (Gymnasium), gestito da un Direttore laico; il convitto ( Internat ), guidato da un sacerdote assistito da educatori; e infine il coro, diretto dal Domkapellmeister, il Maestro della Cappella del Duomo, per trent’anni Georg Ratzinger. A queste si aggiunge, distinta, la scuola elementare. «Io mi occupavo di musica», dice «il fratello del Papa» quando scoppia caso. Ammette che alcuni bambini delle elementari gli avevano raccontato di punizioni corporali violente, che il direttore Johann Meier era descritto come un «sadico», ma di non aver pensato di «intervenire in qualche modo» perché la Vorschule di Etterzhausen «era un’istituzione completamente indipendente» e lui avrebbe potuto fare ben poco.

Al Corriere disse di essere disposto a testimoniare nell’inchiesta sulla pedofilia, nel caso, «anche se non ho mai avuto notizia di casi del genere». È giusto «fare chiarezza», «spero che il Coro non soffra di questa situazione». La musica, come il sacerdozio, è una vocazione comune ai due fratelli, il padre era un poliziotto e quand’erano piccoli, la sera, suonava la cetra. Georg e Joseph divennero preti lo stesso giorno, il 29 giugno 1951, nel duomo di Frisinga. Il più piccolo era già rivolto alla teologia. «Io mi occupavo di musica».

 

http://www.corriere.it/esteri/17_luglio_19/anch-io-avevo-ceffoni-georg-che-aveva-distolto-sguardo-tante-volte-aveva-chiesto-perdono-be55940a-6bf3-11e7-9094-d21d151198e9_amp.html

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