PER IL NOVANTESIMO COMPLEANNO DI PAPA BENEDETTO OGNI GIORNO RILEGGIAMO INSIEME LA SUA AUTOBIOGRAFIA – 6

DAL SEMINARIO ALLA CONTRAEREA.   QUELLA DEL 1943, PARADOSSALMENTE, UN’ESTATE INDIMENTICABILE. IL RITUALE DELLA VANGA E LA SUA CADUTA, SEGNO DELLO SFACELO CHE ERA ORMAI IN ATTO. TUTTA UNA LITURGIA E IL MONDO CHE LE STAVA DIETRO SI RIVELAVANO COME MENZOGNA

MILITARE7Vista la crescente mancanza di personale militare, nel 1943 gli uomini del regime inventarono qualcosa di nuovo. Dato che gli studenti degli internati dovevano comunque vivere in comunità, lontano da casa, ritennero che non ci fosse nessun ostacolo a spostare la sede dei loro collegi, collocandola nei pressi delle batterie antiaeree. Inoltre, dal momento che non potevano certo studiare tutto il giorno, apparve del tutto normale che essi utilizzassero il loro tempo libero per dei servizi di difesa dagli attacchi aerei nemici. Di fatto, io non ero più in internato da molto tempo, ma dal punto di vista giuridico facevo ancora parte del seminario di Traunstein. Fu così che il piccolo gruppo di seminaristi della mia classe – classi 1926 e 1927 – fu chiamato nei servizi di contraerea a Monaco. A sedici anni dovetti accettare un tipo molto particolare di “internato”. Abitavamo in baracche come i soldati regolari, che erano ovviamente una piccola minoranza, ci vennero messe addosso le stesse uniformi e, nella sostanza, dovevamo svolgere il loro stesso servizio, con la sola differenza che a noi era concesso anche di frequentare un minimo di lezioni, impartiteci dagli insegnanti del rinomato Maximilian Gymnasium di Monaco. Fu un’esperienza interessante da molti punti di vista. Formavamo ora un’unica classe con gli studenti di questo ginnasio, a loro volta chiamati a prestare servizio nella contraerea, e per noi fu l’incontro con un nuovo mondo. Noi, provenienti da Traunstein, eravamo migliori in latino e in greco, ma ci accorgevamo di essere vissuti in provincia e che la metropoli, con le sue svariate offerte culturali, aveva aperto ai nostri nuovi compagni altri orizzonti. All’inizio ci fu qualche attrito, ma poi riuscimmo a diventare un gruppo davvero unito. La prima postazione a cui fummo assegnati fu Ludwigsfeld, a nord di Monaco, dove eravamo incaricati di proteggere una succursale della BMW, in cui venivano fabbricati dei motori per aerei. Seguirono Unterfòhring, a nordest di Monaco e, per breve tempo, Innsbruck, dove la stazione era stata distrutta e sembrava necessario rafforzare le difese. Dal momento che lì gli attacchi non si ripeterono, fummo infine trasferiti a Gilching, a nord di Ammersee, con un doppio incarico: dovevamo difendere gli impianti della Dornier, da cui si levavano in volo i primi aerei a reazione, e, molto genericamente, dovevamo impedire le operazioni degli aerei alleati, che si raccoglievano su questa zona prima di attaccare Monaco.
È quasi superfluo ricordare che il periodo trascorso presso la contraerea causò delle situazioni imbarazzanti, soprattutto per un individuo così poco incline alla vita militare come me. Ma di Gilching conservo un bellissimo ricordo. Qui ero stato assegnato ai servizi telefonici e il sottufficiale a cui eravamo sottoposti difese con fermezza l’autonomia del nostro gruppo. Eravamo dispensati da tutte le esercitazioni militari e nessuno osava immischiarsi nel nostro piccolo mondo. Il massimo dell’autonomia fu raggiunto quando mi fu assegnato un alloggio presso la batteria vicina e, per ragioni inspiegabili, ebbi a disposizione un piccolo locale tutto per me, una vera e propria camera da letto, per quanto spoglia e molto piccola. Al di fuori delle mie ore di servizio, potevo fare tutto quello che volevo e dedicarmi senza grossi ostacoli ai miei interessi. Oltre tutto, sorprendentemente, c’era lì un cospicuo gruppo di cattolici impegnati, che riuscirono persino a organizzare delle lezioni di religione e a ottenere di poter occasionalmente frequentare la chiesa. Ecco perché quell’estate mi è rimasta paradossalmente impressa nella memoria come un periodo splendido, in cui potevo condurre un’esistenza in gran parte autonoma…

Il 10 settembre 1944, giunti nel frattempo all’età del servizio militare, venimmo congedati dalla contraerea, presso la quale avevamo prestato servizio come studenti. Quando tornai a casa, sul tavolo c’era già la chiamata al servizio lavorativo del Reich. Il 20 settembre un viaggio interminabile mi portò fin nel Burgenland, dove – con molti amici del ginnasio di Traunstein – fui assegnato a un campo situato nell’angolo di territorio in cui l’Austria confina con l’Ungheria e la Cecoslovacchia. Quelle settimane di servizio lavorativo sono rimaste nella mia memoria come un ricordo opprimente. I nostri superiori erano in gran parte provenienti dalla cosiddetta Legione Austriaca. Si trattava quindi di nazisti della prima ora, che erano stati incarcerati sotto il cancelliere Dollfuss, persone fanaticamente ideologizzate, che ci tiranneggiavano con violenza…

Successivamente venimmo addestrati secondo il rituale ideato negli anni Trenta, che prevedeva una sorta di culto della vanga e, quindi, del lavoro come forza liberatrice. Imparammo a deporre, sollevare e portare sulle spalle la vanga con cerimoniosa disciplina militare; la pulizia della vanga, su cui non poteva restare neppure un granello di polvere, era uno degli elementi costitutivi di questa pseudoliturgia. Questo mondo fatto di apparenze si frantumò improvvisamente, da un giorno all’altro, quando, in ottobre, la vicina Ungheria, ai cui confini noi eravamo di presidio, capitolò di fronte ai russi, ormai penetrati fin nelle regioni più interne del paese. Di lontano ci pareva di udire il fragore delle artiglierie; il fronte si faceva più vicino. Ora i rituali della vanga erano finiti; giorno dopo giorno dovevamo uscire per edificare il cosiddetto vallo sudorientale: barriere anticarro, trincee, che dovevamo tracciare in mezzo ai fertili terreni argillosi del Burgenland, insieme con un esercito di presunti volontari provenienti da tutti i paesi d’Europa. Alla sera, quando tornavamo a casa stanchi, le vanghe, su cui non si sarebbe dovuto trovare nemmeno un granello di polvere, venivano appoggiate alla parete ancora piene di grossi grumi di argilla: nessuno ci diceva più nulla. Eppure, proprio questa caduta da oggetto di culto a banale strumento quotidiano ci ha fatto percepire la vera consistenza dello sfacelo che era ormai in atto. Tutta una liturgia e il mondo che le stava dietro si rivelavano come menzogna.

Joseph Ratzinger – La mia vita

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