PER CELEBRARE IL 90° COMPLEANNO DI JOSEPH RATZINGER PUBBLICHEREMO OGNI GIORNO BRANI TRATTI DALLA SUA AUTOBIOGRAFIA – 1

3 fratelliNon è per nulla facile dire dove io sia di casa. Mio padre, che era un gendarme, dovette spesso trasferirsi, così che anche noi fummo spesso in giro. Queste peregrinazioni si conclusero nel 1937, quando, compiuti i sessant’anni, egli andò in pensione. Ci stabilimmo allora nella casa di Hufschlag, presso Traunstein, che è poi divenuto il nostro vero paese d’origine. Del resto tutti i precedenti spostamenti restarono comunque all’interno di un raggio limitato: nell’area com* presa tra l’Inn e il Salzach, il cui paesaggio e la cui storia hanno profondamente segnato la mia giovinezza…

Sono nato il 16 aprile 1927, Sabato Santo, a Marktl sull’Inn. In famiglia veniva spesso ricordato che il giorno della mia nascita era l’ultimo della Settimana Santa e la vigilia di Pasqua, tanto più che io fui battezzato il mattino successivo alla mia nascita, con l’acqua appena benedetta della “notte pasquale”, che allora veniva celebrata al mattino: l’essere il primo battezzato della nuova acqua era un importante segno premonitore. Personalmente sono sempre stato grato per il fatto che, in questo modo, la mia vita sia stata fin dall’inizio immersa nel mistero pasquale, dal momento che non poteva che essere un segno di benedizione. Indubbiamente, non era la domenica di Pasqua ma, appunto, il Sabato Santo. Eppure, quanto più ci penso, tanto più mi pare una caratteristica della nostra esistenza umana, che ancora attende la Pasqua, non è ancora nella luce piena, ma fiduciosa si avvia verso di essa. Lasciammo Marktl sull’Inn poco dopo il mio secondo compleanno – nel 1929 – e, per questo, non conservo alcun ricordo del luogo, solo i racconti dei miei genitori e dei miei fratelli. Essi mi hanno parlato della neve alta e del freddo pungente del giorno della mia nascita, tanto che i miei fratelli maggiori, con grande loro disappunto, non poterono prendere parte al mio battesimo, per evitare di ammalarsi. Quello che la mia famiglia trascorse a Marktl non fu un periodo facile: la disoccupazione dominava, gli indennizzi di guerra gravavano sull’economia tedesca, lo scontro tra i partiti metteva gli uomini gli uni contro gli altri, le malattie funestavano la nostra famiglia. Ma c’erano anche molti bei ricordi di amicizia e di aiuto reciproco, di piccole feste in famiglia e di vita ecclesiale. Né posso non ricordare che Marktl si trova vicinissimo ad Altòtting, l’antico e venerabile santuario mariano risalente all’epoca carolingia, che a partire dal tardo medioevo è un luogo di grandi pellegrinaggi per la Baviera e l’Austria occidentale. Proprio in quegli anni Altòtting ritrovava un nuovo splendore, quando venne beatificato e poi canonizzato Corrado da Parzham, il santo frate portinaio.
In quest’uomo, umile e benevolo, noi vedevamo incarnato il meglio della nostra gente, condotta dalla fede alla realizzazione delle sue più belle possibilità. In seguito, mi sono ritrovato spesso a riflettere su questa straordinaria circostanza, per cui la Chiesa nel secolo del progresso e della fede nella scienza si è vista rappresentata al meglio proprio da persone semplicissime, come Bernadette di Lourdes o, appunto, Frate Corrado, che non sembravano sfiorati dalle correnti della storia: è forse un segno che la Chiesa ha perso la sua capacità di incidere sulla cultura e riesce a far presa solo al di fuori dell’autentico flusso della storia? О è un segno che la capacità di cogliere con immediatezza ciò che conta davvero è data ancor oggi ai più piccoli, cui è concesso quello sguardo che, invece, tanto spesso manca ai “sapienti e agli intelligenti” (cfr. Mt 11,25)? Sono davvero convinto che proprio questi santi “piccoli” siano un grande segno per il nostro tempo, che mi tocca tanto più profondamente, quanto più vivo con esso e in esso.

Ma torniamo alla mia infanzia. La seconda tappa del nostro peregrinare fu Tittmoning, la piccola città sul Salzach, il cui ponte fa anche da confine con l’Austria. Tittmoning, dall’architettura così marcatamente salisburghese, è rimasto il paese dei sogni della mia infanzia. Vedo ancora la piazza cittadina, nella sua maestosa grandezza, con le sue nobili fontane, delimitata dalle porte di Laufen e di Burghausen e tutt’intorno racchiusa dalle antiche e superbe case borghesi una piazza che farebbe certo onore a delle grandi città. Soprattutto le vetrine illuminate dei negozi nel periodo natalizio sono rimaste impresse nella mia memoria come una meravigliosa promessa. A Tittmoning, all’epoca della guerra dei Trent’anni, Bartolomeo Holzhauser aveva messo per iscritto le sue visioni apocalittiche. Ma il suo merito principale è quello di aver ripreso e rinnovato la vita comunitaria del clero secolare, secondo un’idea che risaliva a Eusebio di Vercelli e a sant’Agostino. Del capitolo canonicale, da lui fondato nella piccola città sul Salzach, erano ancora rimasti i titoli: il parroco veniva chiamato decano, i coadiutori canonici. Come si addice a una chiesa canonicale, il Santissimo era conservato in un’apposita cappella e non nel tabernacolo dell’altare maggiore. Avevamo così l’impressione che la nostra piccola città avesse in sé qualcosa di veramente speciale; anche la canonica si stagliava alta, come un piccolo castello, al di sopra della città. Ma ciò che più amavamo era la bella e antica chiesa barocca, che un tempo era appartenuta ai Canonici Agostiniani, e di cui si prendevano amorevolmente cura le Dame Inglesi. Negli antichi edifici monastici erano allora ospitate la scuola materna e la scuola per le ragazze. Particolarmente impresso nella mia memoria è rimasto il ricordo del “Santo Sepolcro”, con molti fiori e luci colorate, che veniva allestito proprio qui tra il Venerdì Santo e Pasqua e che ci aiutava a sentire vicino il mistero della morte e della resurrezione, a percepirlo con i nostri sensi interni ed esterni, prima ancora di ogni tentativo di comprensione razionale.
Con ciò, so bene di non aver esaurito tutti gli aspetti peculiari che ci rendevano tanto cara la nostra città e di cui andavamo orgogliosi. Salendo sulla collina che si innalza sopra la valle del Salzach, si arrivava alla Cappella di Ponlach, un bel santuario barocco, tutto circondato dai boschi; lì accanto mormorano, scendendo a valle, le chiare acque del . Ponlach. Spesso noi tre bambini, con la nostra cara mamma, siamo saliti in pellegrinaggio fin lassù e abbiamo gustato la c, pace di quel luogo. E non si può dimenticare nemmeno la ‘ possentejiwle della fortezza, che si leva al di sopra della città e racconta la sua passata grandezza. La gendarmeria e, con essa, la nostra abitazione, era sistemata nella casa più bella che si affacciava sulla piazza della città, e che un tempo era appartenuta al capitolo dei canonici. D’altra parte, la bellezza delle facciate non garantisce affatto che le case siano confortevoli. La pavimentazione era fatiscente, le scale ripide, i locali asimmetrici. La cucina e il soggiorno erano stretti, ma in compenso la camera da letto era situata nell’antica sala capitolare, cosa che, peraltro, non la rendeva proprio comoda. Per noi bambini tutto questo era piuttosto misterioso e affascinante, ma per la mamma, su cui gravava il peso dei lavori domestici, era motivo di tanta fatica. Per questo provava una gioia ancor più grande, quando le riusciva di fare qualche passeggiata con noi. Andavamo fino alla vicina Austria. Si provava una particolare sensazione, percorsi pochi passi, nel trovarsi già all'”estero”, in un paese dove peraltro si parlava ancora la stessa lingua e, con poche eccezioni, persino lo stesso dialetto che da noi. In autunno si cercava nei campi il lattughino selvatico; sui prati intorno al Salzach trovavamo, sottoTaguida della mamma, diverse cose utili per il presepe, a noi tanto caro. Tra i nostri più bei ricordi ci sono le visite, nei giorni di Natale, a un’anziana signora, il cui presepe era tanto grande da riempire quasi l’intera casa. Vi si trovavano tante meraviglie che non ci si stancava mai di ammirarlo. Qui mi torna alla mente anche il sottotetto, dove un amico organizzava per noi il suo teatrino delle marionette, le cui figure mettevano ali alla fantasia.

JOSEPH RATZINGER – LA MIA VITA3-fratelli

 

 

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